"Dio umilia grandemente l'anima per innalzarla poi molto"
REGNO D'ITALIA - 1923 (S. Teresa d'Avila) |
Juan de la Cruz (Fontiveros, 24 giugno 1542 – Úbeda, 14 dicembre 1591), è stato un sacerdote e poeta spagnolo, fondatore dell'Ordine dei Carmelitani Scalzi. I suoi scritti vennero pubblicati per la prima volta nel 1618. Fu beatificato nel 1675, proclamato santo da papa Benedetto XIII nel 1726 e dichiarato dottore della Chiesa da Pio XI nel 1926. La sua memoria è celebrata il 14 dicembre. La Chiesa cattolica lo ha definito Doctor Mysticus, mentre la Chiesa anglicana lo ricorda come un "Maestro della fede". Incontrò Teresa d'Ávila che anch'essa carmelitana, stava attuando con l'autorizzazione del Priore Generale dell'Ordine una riforma del Carmelo. Conquistato dalle sue idee riformatrici ne appoggiò in pieno il progetto in vista dell'inizio della riforma dell'ordine dei Carmelitani; a sua volta Santa Teresa lo prese in grande considerazione, chiamandolo il suo "piccolo Seneca", con scherzoso ma affettuoso riferimento alla sua corporatura esile, e definendolo "padre della sua anima".
Giovanni della Croce - "La sua figura”
di Giuni Russo e Maria Antonietta Sisini.
Scopri la tua presenza:
Sai che la sofferenza d’amore non si cura
se non con la presenza e la figura.
L’estate appassisce silenziosa
foglie dorate gocciolano giù
apro le braccia al suo declinare stanco
e lascia la tua luce in me.
Stelle cadenti incrociano i pensieri,
i desideri scivolano giù.
Mettimi come segno sul tuo cuore:
ho bisogno di te
Sai che la sofferenza d’amore non si cura
se non con la presenza della tua figura!
Baciami con la bocca dell’amore,
raccoglimi dalla terra come un fiore.
Come un bambino stanco ora voglio riposare
e lascio la mia vita a te.
Tu mi conosci, non puoi dubitare:
fra mille affanni non sono andata via.
Rimani qui al mio fianco sfiorandomi la mano
e lascio la mia vita a te.
Sai che la sofferenza d’amore non si cura
se non con la presenza della tua figura!
Musica silenziosa è l’aurora,
solitudine che ristora e che innamora.
Come un bambino stanco ora voglio riposare
e lascio la mia vita a te.
E cerco la presenza della mia essenza
nella tua figura.
"The Dark Night of the Soul”
di Loreena McKennitt.
La fiamma dell’amore stava bruciando nel mio petto
E da una lanterna luminosa
Fuggii mentre tutto era a riposo, calmo in casa.
Avvolto nella notte
Da un gradino segreto rapidamente scappai
Nascosi il velo i miei occhi
Mentre tutto dentro era calmo come morto.
(Ritornello): Oh notte tu eri mia guida
Della notte più amante del sole che sorge
Oh notte che unì l’amante all’amato
Trasformando ognuno di loro nell’altro.
Su quella notte nebbiosa
In segreto, oltre tale vista mortale
Senza una guida o luce
Di quella che bruciava così profondamente nel mio cuore
Quel fuoco mi guidava
E splendeva più luminoso del sole di mezzogiorno
Dove egli aspettava ancora
Era un luogo dove nessun altro poteva venire
(Ritornello)
Dentro il mio cuore pulsante
Che si tratteneva totalmente per lui
Cadde nel sonno
Sotto i cedri tutto il mio amore io diedi
Da sopra le fortezze
il vento spazzerebbe i capelli contro la fronte
e con la sua mano più liscia
accarezzato ogni mio senso
Mi persi in lui
E reclinai il mio volto sul petto del mio amato
E preoccupazione e dolore aumentarono
Come la foschia nel mattino divenne luce
Là si affievolirono i bei gigli
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S. Giovanni della Croce ha voluto sintetizzare in poesia lo sviluppo dell’itinerario che porta l’anima all’unione con Dio e La salita del monte Carmelo inizia proprio con questi versi che strutturano poi tutto il testo:
1 - In una notte oscura,
con ansie, in amori infiammata,
- oh felice ventura ! -
uscii, né fui notata,
stando già la mia casa addormentata.
2 - Al buio uscii e sicura,
per la segreta scala, travestita
- oh felice ventura! -
al buio e ben celata,
stando già la mia casa addormentata.
3 - Nella felice notte,
segretamente, senza esser veduta,
senza nulla guardare,
senza altra guida o luce
fuor di quella che in cuore mi riluce.
4 - Questa mi conduceva
più sicura che il sol del mezzogiorno,
là dove mi attendeva
Chi bene io conosceva
e dove nessun altro si vedeva.
5. - Notte che mi hai guidato!
O notte amabil più dei primi albori!
O notte che hai congiunto
l'Amato con l'amata,
l'amata nell'Amato trasformata!
6. - Sul mio petto fiorito
che intatto per lui solo avea serbato,
Ei posò addormentato,
mentre io lo vezzeggiava
e la chioma dei cedri il ventilava
7. - Degli alti merli l'aura,
quando i suoi capelli io discioglievo,
con la sua man leggera
il mio collo feriva
e tutti i sensi miei in sé rapiva.
8. - Giacqui e mi obliai,
il volto sul Diletto reclinato;
tutto cessò, e posai,
ogni pensier lasciato
in mezzo ai gigli perdersi obliato.
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