Domenica delle Palme
dal Vangelo secondo Luca (Lc 19,28-40)
Preghiera
Cristo Gesù, è incominciata l’ora in cui, in pienezza, si adempiono le scritture: “Esulta grandemente figlia di Sion, giubila, figlia di Gerusalemme! Ecco, a te viene il re. Egli è giusto e vittorioso, umile, cavalca un’asina,annuncerà la pace alle nazioni”. È la tua ora! E il profeta Zaccaria annota quanto si compirà per te in Gerusalemme. Gli eventi scorrono fino all'ora della croce e attestano quanto Dio ha ispirato in coloro cui ha dispiegato il disegno di salvezza per il suo popolo, preannunziando l’evento messianico: i profeti.
Si avvereranno e si leggeranno i tuoi eventi alla luce di quanto hanno predetto i profeti. Il popolo, pur essendo sollecitato da scribi e farisei, nonché dai dottori della legge ad attendere all'osservanza legale, ha il senso di Dio, della presenza messianica. Ed è Dio Padre a ispirare il popolo a riconoscerti e proclamarti a gran voce Re e Messia, a stendere mantelli e agitare rami d’ulivo. Hai sempre rimproverato i tanti che non percepivano i segni del tempo, della presenza dell’Inviato di Dio, attenti ad altri segni e prodigi; tanto da dichiarare la tua una generazione perversa, cui non sarà dato altro segno se non quello di Giona. Tu, Signore, donaci di riconoscerti Dio e Signore nostro, come ti riconobbe l’incredulo Tommaso. Senza mettere il dito nei tuoi chiodi o attendere segni e prodigi. Come i tuoi apostoli ti chiediamo di aumentare in noi la fede. Fa’ che sia sempre acceso quel cero, quella fiamma che ci è stata consegnata il giorno del battesimo, per essere illuminati da te, Cristo Signore. Perché sia evento pasquale il nostro vivere, dal giorno in cui siamo portati davanti all'altare, tenuti in braccio dai nostri genitori, a quando saremo portati davanti allo stesso altare, con il nostro corpo mortale.
La preghiera è tratta dal libro:
Pregare il Vangelo di P. Anastasio Francesco Filieri O Carm
ne abbiamo già parlato (click)
Domenica, 20 Marzo, 2016
La morte di Gesù:
quando l’amore arriva agli estremi
Luca 22,14 - 23,56
La morte di Gesù:
quando l’amore arriva agli estremi
Luca 22,14 - 23,56
1. Orazione iniziale
Spirito santo,
effuso sul mondo dal divino Morente,
guidaci a contemplare
e comprendere la via dolorosa
del nostro Salvatore
e l’amore con cui Egli l’ha percorsa.
Donaci occhi e cuore di veri credenti,
perché si sveli a noi
il mistero glorioso della sua croce.
«Grazie alla croce non andiamo più errando nel deserto,
perché conosciamo il vero cammino;
non restiamo più fuori dalla casa di Dio, nostro re,
perché ne abbiamo trovato la porta;
non temiamo più le frecce infuocate del demonio,
perché abbiamo scoperto una sorgente d’acqua.
Per mezzo suo non siamo più nella solitudine,
perché abbiamo ritrovato lo sposo;
non abbiamo più paura del lupo,
perché abbiamo ormai il buon pastore.
Grazie alla croce non ci spaventa più l’iniquità dei potenti,
perché sediamo alla tavola del re» (cfr Giovanni Crisostomo).
non temiamo più le frecce infuocate del demonio,
perché abbiamo scoperto una sorgente d’acqua.
Per mezzo suo non siamo più nella solitudine,
perché abbiamo ritrovato lo sposo;
non abbiamo più paura del lupo,
perché abbiamo ormai il buon pastore.
Grazie alla croce non ci spaventa più l’iniquità dei potenti,
perché sediamo alla tavola del re» (cfr Giovanni Crisostomo).
2. Lettura
a) Chiave di lettura:
Contesto liturgico: l’antica tradizione di proclamare il vangelo della passione e morte di Gesù Cristo nel corso delle celebrazioni della domenica precedente la Pasqua risale all’epoca in cui le celebrazioni della Settimana santa erano ridotte al minimo. Scopo di tale lettura è quello di condurre gli ascoltatori alla contemplazione del mistero di morte che prepara la resurrezione del Signore e che, quindi, è la condizione per cui il credente è entrato nella “vita nuova” in Cristo. L’uso di effettuare la lettura di questo lungo brano evangelico a più voci serve non solo a rendere meno monotona la proclamazione per facilitare l’ascolto attento, ma anche a favorire la partecipazione emotiva degli ascoltatori, quasi trasmettendo loro la sensazione che fossero presenti e agenti in quanto viene narrato.
Le due letture che precedono il vangelo di questa domenica contribuiscono a dare una prospettiva interpretativa del testo: il Servo di Jhwh è Gesù, il Cristo, Persona divina che, mediante la morte infamante che subisce, giunge alla gloria di Dio Padre e comunica la propria vita agli uomini che lo ascoltano / accolgono.
Contesto evangelico: è noto che il nucleo letterario attorno al quale si sono formati i vangeli è proprio il racconto della pasqua del Signore: passione, morte e resurrezione. Siamo, dunque, di fronte a un testo abbastanza antico e unitario nella sua composizione letteraria, sebbene si sia formato gradualmente. La sua importanza è comunque capitale: viene narrato l’evento fondamentale della fede cristiana, quello col quale ciascun credente deve costantemente confrontarsi e conformarsi (anche se il testo offerto dalla liturgia in questa domenica si ferma alla sepoltura di Gesù).
Luca, come sempre, si dimostra narratore efficace e delicato, attento al particolare e capace di far intravedere al lettore i sentimenti e i moti interiori dei suoi personaggi principali, soprattutto di Gesù. Il terribile e ingiusto dolore che egli subisce è filtrato attraverso il suo inalterabile atteggiamento di misericordia verso tutti gli uomini, anche se sono i suoi persecutori e uccisori; alcuni di essi stessi rimangono toccati da questo suo modo di affrontare la sofferenza e la morte, tanto da mostrare segni di fede in lui: lo strazio della passione è addolcito dalla potenza dell’amore divino di Gesù.
Nel contesto del terzo vangelo, Gesù si reca nella Città santa una sola volta: quella decisiva per la storia umana del Cristo e per la storia della salvezza. Tutto il racconto evangelico lucano è come una lunga preparazione agli avvenimenti di quegli ultimi giorni, che Gesù trascorre in Gerusalemme predicando e compiendo gesti dal tono a volte grandioso (es.: la cacciata dei mercanti dal Tempio, 19, 45-48), altre volte misteriosi o un po’ provocatori (es.: la risposta circa il tributo a Cesare, 20, 19-26). Non a caso, l’evangelista concentra in questi ultimi giorni molti eventi e parole che gli altri sinottici collocano in altre fasi della vita pubblica del Signore. Tutto ciò si svolge mentre il complotto dei capi del Popolo s’intensifica e va concretizzandosi sempre meglio, fino a che Giuda offre loro un’occasione propizia e insperata (22, 2-6).
Il terzo evangelista, per indicare quest’ultima e definita tappa della vita del Signore, usa vari termini nel corso della sua opera: è una “partenza” o un “esodo” (9, 31), è un’ “assunzione” (9, 51) ed è un “compimento” (13, 32). Dunque, Luca fa intendere in anticipo ai suoi lettori in qual modo interpretare la terribile e scandalosa morte del Cristo al quale hanno affidato la propria vita: Egli compie un passaggio doloroso e difficile da capire, ma “necessario” nell'economia della salvezza (9, 22; 13, 33; 17, 35; 22, 37) per portare a buon successo (“compimento”) il suo itinerario verso la gloria (cfr 24, 26; 17, 25). Tale itinerario di Gesù è paradigma di quello che ogni suo discepolo deve compiere (At 14, 22).
b) Una divisione del testo per aiutare a leggerlo:
Il racconto dell’ultima cena: da 22, 7 a 22,38;
La preghiera di Gesù nell’orto del Getsemani: da 22, 39 a 22, 46;
L’arresto e il processo ebraico: da 22, 47 a 22, 71
Il processo civile davanti a Pilato ed Erode: da 23, 1 a 23, 25
La condanna, la crocifissione e la morte: da 23, 26 a 23, 49
Gli avvenimenti successivi alla morte: da 23, 50 fino a 23, 56.
c) Il testo:
L’ultima cena
[22,14] Quando fu l'ora, prese posto a tavola e gli apostoli con lui, [15] e disse: "Ho desiderato ardentemente di mangiare questa Pasqua con voi, prima della mia passione, [16] poiché vi dico: non la mangerò più, finché essa non si compia nel regno di Dio". [17] E preso un calice, rese grazie e disse: "Prendetelo e distribuitelo tra voi, [18] poiché vi dico: da questo momento non berrò più del frutto della vite, finché non venga il regno di Dio".
[19] Poi, preso un pane, rese grazie, lo spezzò e lo diede loro dicendo: "Questo è il mio corpo che è dato per voi; fate questo in memoria di me". [20] Allo stesso modo dopo aver cenato, prese il calice dicendo: "Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue, che viene versato per voi".
[21] "Ma ecco, la mano di chi mi tradisce è con me, sulla tavola. [22] Il Figlio dell'uomo se ne va, secondo quanto è stabilito; ma guai a quell'uomo dal quale è tradito!". [23] Allora essi cominciarono a domandarsi a vicenda chi di essi avrebbe fatto ciò.
[24] Sorse anche una discussione, chi di loro poteva esser considerato il più grande. [25] Egli disse: "I re delle nazioni le governano, e coloro che hanno il potere su di esse si fanno chiamare benefattori. [26] Per voi però non sia così; ma chi è il più grande tra voi diventi come il più piccolo e chi governa come colui che serve. [27] Infatti chi è più grande, chi sta a tavola o chi serve? Non è forse colui che sta a tavola? Eppure io sto in mezzo a voi come colui che serve.
[28] Voi siete quelli che avete perseverato con me nelle mie prove; [29] e io preparo per voi un regno, come il Padre l'ha preparato per me, [30] perché possiate mangiare e bere alla mia mensa nel mio regno e siederete in trono a giudicare le dodici tribù di Israele.
[31] Simone, Simone, ecco satana vi ha cercato per vagliarvi come il grano; [32] ma io ho pregato per te, che non venga meno la tua fede; e tu, una volta ravveduto, conferma i tuoi fratelli". [33] E Pietro gli disse: "Signore, con te sono pronto ad andare in prigione e alla morte". [34] Gli rispose: "Pietro, io ti dico: non canterà oggi il gallo prima che tu per tre volte avrai negato di conoscermi".
[35] Poi disse: "Quando vi ho mandato senza borsa, né bisaccia, né sandali, vi è forse mancato qualcosa?" Risposero: "Nulla". [36] Ed egli soggiunse: "Ma ora, chi ha una borsa la prenda, e così una bisaccia; chi non ha spada, venda il mantello e ne compri una. [37] Perché vi dico: deve compiersi in me questa parola della Scrittura: E fu annoverato tra i malfattori. Infatti tutto quello che mi riguarda volge al suo termine". [38] Ed essi dissero: "Signore, ecco qui due spade". Ma egli rispose "Basta!"
La preghiera al Getsemani
[39] Uscito se ne andò, come al solito, al monte degli Ulivi; anche i discepoli lo seguirono. [40] Giunto sul luogo, disse loro: "Pregate, per non entrare in tentazione". [41] Poi si allontanò da loro quasi un tiro di sasso e, inginocchiatosi, pregava: [42] "Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà". [43] Gli apparve allora un angelo dal cielo a confortarlo. [44] In preda all'angoscia, pregava più intensamente; e il suo sudore diventò come gocce di sangue che cadevano a terra. [45] Poi, rialzatosi dalla preghiera, andò dai discepoli e li trovò che dormivano per la tristezza. [46] E disse loro: "Perché dormite? Alzatevi e pregate, per non entrare in tentazione".
L’arresto e il processo ebraico
[47] Mentre egli ancora parlava, ecco una turba di gente; li precedeva colui che si chiamava Giuda, uno dei Dodici, e si accostò a Gesù per baciarlo. [48] Gesù gli disse: "Giuda, con un bacio tradisci il Figlio dell'uomo?". [49] Allora quelli che eran con lui, vedendo ciò che stava per accadere, dissero: "Signore, dobbiamo colpire con la spada?". [50] E uno di loro colpì il servo del sommo sacerdote e gli staccò l'orecchio destro. [51] Ma Gesù intervenne dicendo: "Lasciate, basta così!". E toccandogli l'orecchio, lo guarì. [52] Poi Gesù disse a coloro che gli eran venuti contro, sommi sacerdoti, capi delle guardie del tempio e anziani: "Siete usciti con spade e bastoni come contro un brigante? [53] Ogni giorno ero con voi nel tempio e non avete steso le mani contro di me; ma questa è la vostra ora, è l'impero delle tenebre".
[54] Dopo averlo preso, lo condussero via e lo fecero entrare nella casa del sommo sacerdote. Pietro lo seguiva da lontano. [55] Siccome avevano acceso un fuoco in mezzo al cortile e si erano seduti attorno, anche Pietro si sedette in mezzo a loro. [56] Vedutolo seduto presso la fiamma, una serva fissandolo disse: "Anche questi era con lui". [57] Ma egli negò dicendo: "Donna, non lo conosco!". [58] Poco dopo un altro lo vide e disse: "Anche tu sei di loro!". Ma Pietro rispose: "No, non lo sono!". [59] Passata circa un'ora, un altro insisteva: "In verità, anche questo era con lui; è anche lui un Galileo". [60] Ma Pietro disse: "O uomo, non so quello che dici". E in quell'istante, mentre ancora parlava, un gallo cantò. [61] Allora il Signore, voltatosi, guardò Pietro, e Pietro si ricordò delle parole che il Signore gli aveva detto: "Prima che il gallo canti, oggi mi rinnegherai tre volte". [62] E, uscito, pianse amaramente.
[63] Frattanto gli uomini che avevano in custodia Gesù lo schernivano e lo percuotevano, [64] lo bendavano e gli dicevano: "Indovina: chi ti ha colpito?" [65] E molti altri insulti dicevano contro di lui.
[66] Appena fu giorno, si riunì il consiglio degli anziani del popolo, con i sommi sacerdoti e gli scribi; lo condussero davanti al sinedrio e gli dissero: [67] "Se tu sei il Cristo, diccelo". Gesù rispose: "Anche se ve lo dico, non mi crederete; [68] se vi interrogo, non mi risponderete. [69] Ma da questo momento starà il Figlio dell'uomo seduto alla destra della potenza di Dio". [70] Allora tutti esclamarono: "Tu dunque sei il Figlio di Dio?". Ed egli disse loro: "Lo dite voi stessi: io lo sono". [71] Risposero: "Che bisogno abbiamo ancora di testimonianza? L'abbiamo udito noi stessi dalla sua bocca".
Il processo civile davanti a Pilato ed Erode
[23,1] Tutta l'assemblea si alzò, lo condussero da Pilato [2] e cominciarono ad accusarlo: "Abbiamo trovato costui che sobillava il nostro popolo, impediva di dare tributi a Cesare e affermava di essere il Cristo re". [3] Pilato lo interrogò: "Sei tu il re dei Giudei?". Ed egli rispose: "Tu lo dici". [4] Pilato disse ai sommi sacerdoti e alla folla: "Non trovo nessuna colpa in quest'uomo". [5] Ma essi insistevano: "Costui solleva il popolo, insegnando per tutta la Giudea, dopo aver cominciato dalla Galilea fino a qui".
[6] Udito ciò, Pilato domandò se era Galileo [7] e, saputo che apparteneva alla giurisdizione di Erode, lo mandò da Erode che in quei giorni si trovava anch'egli a Gerusalemme.
[8] Vedendo Gesù, Erode si rallegrò molto, perché da molto tempo desiderava vederlo per averne sentito parlare e sperava di vedere qualche miracolo fatto da lui. [9] Lo interrogò con molte domande, ma Gesù non gli rispose nulla. [10] C'erano là anche i sommi sacerdoti e gli scribi, e lo accusavano con insistenza. [11] Allora Erode, con i suoi soldati, lo insultò e lo schernì, poi lo rivestì di una splendida veste e lo rimandò a Pilato. [12] In quel giorno Erode e Pilato diventarono amici; prima infatti c'era stata inimicizia tra loro.
[13] Pilato, riuniti i sommi sacerdoti, le autorità e il popolo, [14] disse: "Mi avete portato quest'uomo come sobillatore del popolo; ecco, l'ho esaminato davanti a voi, ma non ho trovato in lui nessuna colpa di quelle di cui lo accusate; [15] e neanche Erode, infatti ce l'ha rimandato. Ecco, egli non ha fatto nulla che meriti la morte. [16] Perciò, dopo averlo severamente castigato, lo rilascerò". [17]. [18] Ma essi si misero a gridare tutti insieme: "A morte costui! Dacci libero Barabba!". [19] Questi era stato messo in carcere per una sommossa scoppiata in città e per omicidio.
[20] Pilato parlò loro di nuovo, volendo rilasciare Gesù. [21] Ma essi urlavano: "Crocifiggilo, crocifiggilo!". [22] Ed egli, per la terza volta, disse loro: "Ma che male ha fatto costui? Non ho trovato nulla in lui che meriti la morte. Lo castigherò severamente e poi lo rilascerò". [23] Essi però insistevano a gran voce, chiedendo che venisse crocifisso; e le loro grida crescevano. [24] Pilato allora decise che la loro richiesta fosse eseguita. [25] Rilasciò colui che era stato messo in carcere per sommossa e omicidio e che essi richiedevano, e abbandonò Gesù alla loro volontà.
La condanna, la crocifissione e la morte
[26] Mentre lo conducevano via, presero un certo Simone di Cirène che veniva dalla campagna e gli misero addosso la croce da portare dietro a Gesù. [27] Lo seguiva una gran folla di popolo e di donne che si battevano il petto e facevano lamenti su di lui. [28] Ma Gesù, voltandosi verso le donne, disse: "Figlie di Gerusalemme, non piangete su di me, ma piangete su voi stesse e sui vostri figli. [29] Ecco, verranno giorni nei quali si dirà: Beate le sterili e i grembi che non hanno generato e le mammelle che non hanno allattato. [30] Allora cominceranno a dire ai monti: Cadete su di noi! e ai colli: Copriteci! [31] Perché se trattano così il legno verde, che avverrà del legno secco?"
[32] Venivano condotti insieme con lui anche due malfattori per essere giustiziati.
[33] Quando giunsero al luogo detto Cranio, là crocifissero lui e i due malfattori, uno a destra e l'altro a sinistra. [34] Gesù diceva: "Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno". Dopo essersi poi divise le sue vesti, le tirarono a sorte.
[35] Il popolo stava a vedere, i capi invece lo schernivano dicendo: "Ha salvato gli altri, salvi se stesso, se è il Cristo di Dio, il suo eletto". [36] Anche i soldati lo schernivano, e gli si accostavano per porgergli dell'aceto, e dicevano: [37] "Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso". [38] C'era anche una scritta, sopra il suo capo: Questi è il re dei Giudei.
[39] Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: "Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e anche noi!". [40] Ma l'altro lo rimproverava: "Neanche tu hai timore di Dio e sei dannato alla stessa pena? [41] Noi giustamente, perché riceviamo il giusto per le nostre azioni, egli invece non ha fatto nulla di male". [42] E aggiunse: "Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno". [43] Gli rispose: "In verità ti dico, oggi sarai con me nel paradiso".
[44] Era verso mezzogiorno, quando il sole si eclissò e si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio. [45] Il velo del tempio si squarciò nel mezzo. [46] Gesù, gridando a gran voce, disse: "Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito". Detto questo spirò.
Gli avvenimenti successivi alla morte
[47] Visto ciò che era accaduto, il centurione glorificava Dio: "Veramente quest'uomo era giusto". [48] Anche tutte le folle che erano accorse a questo spettacolo, ripensando a quanto era accaduto, se ne tornavano percuotendosi il petto. [49] Tutti i suoi conoscenti assistevano da lontano e così le donne che lo avevano seguito fin dalla Galilea, osservando questi avvenimenti.
[50] C'era un uomo di nome Giuseppe, membro del sinedrio, persona buona e giusta. [51] Non aveva aderito alla decisione e all'operato degli altri. Egli era di Arimatèa, una città dei Giudei, e aspettava il regno di Dio. [52] Si presentò a Pilato e chiese il corpo di Gesù. [53] Lo calò dalla croce, lo avvolse in un lenzuolo e lo depose in una tomba scavata nella roccia, nella quale nessuno era stato ancora deposto. [54] Era il giorno della parascève e già splendevano le luci del sabato. [55] Le donne che erano venute con Gesù dalla Galilea seguivano Giuseppe; esse osservarono la tomba e come era stato deposto il corpo di Gesù, [56] poi tornarono indietro e prepararono aromi e oli profumati. Il giorno di sabato osservarono il riposo secondo il comandamento.
3. Momento di silenzio orante
perché la Parola di Dio entri in noi e illuminare la nostra vita.
4. Alcune domande
per aiutarci nella meditazione e nell’orazione.
a) Al termine di questa lunga lettura, quale sensazione prevale in me: sollievo per la fine della fatica, ammirazione per Gesù, dolore per il suo dolore, gioia per la salvezza ottenuta, o cos’altro?
b) Rileggo il testo, facendo attenzione a come hanno agito i vari “potenti”: sacerdoti, scribi e farisei, Pilato, Erode. Cosa penso di loro? Come penso che avrei potuto pensare, agire, parlare e decidere al loro posto?
c) Ancora una volta leggo il passio: pongo attenzione, stavolta, a come hanno agito i “piccoli”: discepoli, gente, singoli, donne, soldati e altri. Cosa penso di loro? Come penso che avrei agito, pensato e parlato io, al loro posto?
d) Rivedo, infine, il mio stile di azione nella vita quotidiana. In quale dei personaggi, principali o secondari, riesco meglio ad assomigliarmi? A quale, invece, vorrei poter somigliare di più?
5. Una chiave di lettura
per coloro che desiderano approfondire il tema.
Soffermandoci su alcuni punti - chiave:
22,14: Quando fu l'ora, prese posto a tavola e gli apostoli con lui: nonostante scriva per una comunità di Cristiani provenienti in prevalenza dal paganesimo, Luca sottolinea che l’ultima cena di Gesù è la cena che rientra nei riti del pesah ebraico. Subito prima ne ha descritto i preparativi (vv. 7-13).
22,15: Ho desiderato ardentemente di mangiare questa Pasqua con voi, prima della mia passione: richiama 12,50: “C'è un battesimo che devo ricevere; e come sono angosciato, finché non sia compiuto!” (cfr anche Gv 12,32). Luca ci offre uno sprazzo di luce sulla dimensione interiore di Gesù, mentre si appresta a patire e morire: ciò che lo spinge è, come sempre per lui, la scelta radicale di adeguarsi alla volontà del Padre (cfr 2,49), ma s’intravede in queste parole anche un umanissimo desiderio di fraternità, di condivisione, di amicizia.
22,17: E preso un calice, rese grazie: non siamo ancora al calice eucaristico propriamente inteso, ma solo alla prima delle quattro coppe di vino che si consumano nel corso della cena pasquale.
22,18: Da questo momento non berrò più del frutto della vite, finché non venga il regno di Dio: secondo accenno esplicito alla morte ormai prossima. È una ripresa degli annunci della passione (9,22.44; 12,50; 18,31-32) e, come quelli, richiama implicitamente anche alla resurrezione. Il tono, comunque, pur nella serietà del momento contiene gli accenti della speranza e dell’attesa escatologica, con la certezza che il Padre non lo abbandonerà alla morte. Gesù è conscio di ciò che dovrà affrontare, ma si dimostra profondamente sereno, interiormente libero, sicuro del proprio destino ultimo e degli esiti ultimi di quanto sta per succedergli.
22,19-20: il racconto dell’istituzione dell’Eucaristia contiene molte affinità con quello riferito da Paolo (1Cor 11,23-25) e ha un marcato carattere sacrificale: Gesù si mette in stato di oblazione e non offre delle cose, ma se stesso, a beneficio di chi crede in lui.
22,21: La mano di colui che mi tradisce è con me, sulla tavola: mangiando con lui, Gesù ammette anche Giuda alla comunione con sé, eppure è ben cosciente che questo discepolo sta per tradirlo definitivamente. Il contrasto è stridente e voluto dall’evangelista, come altre volte nel corso di questo racconto.
22,28: Voi siete quelli che avete perseverato con me nelle mie prove: al contrario di Giuda, gli altri discepoli sono “perseveranti con Gesù nelle prove”, perché gli sono rimasti accanto, almeno fino a questo momento. Il Signore, dunque, riconosce che essi hanno raggiunto un alto grado di comunione con lui, tale da meritare loro uno speciale onore nella gloria del Padre (v. 29).
È, dunque, Gesù stesso che istituisce uno stretto parallelo fra la comunione costante dei suoi discepoli (quelli di allora come quelli di oggi) con la sua sofferenza e la condivisione finale ed eterna della sua gloria (“mangiare e bere”, v. 30).
22,31-37: Simone, ecco satana vi ha cercato per vagliarvi come il grano; ma io ho pregato per te, che non venga meno la tua fede: questo piccolo brano sembra riportato da un altro contesto. L’accenno di Gesù a satana e alla sua azione verso i discepoli riporta a quanto l’evangelista aveva segnalato sulle cause del tradimento di Giuda (22,3) e fa quasi un parallelo con la prospettiva lucana della passione come ultimo assalto di satana nei confronti di Gesù (cfr 4,13; 22,53).
Pietro viene difeso dalle insidie del tentatore dalla preghiera di Gesù stesso e dal fatto di aver decisamente scelto di essere discepolo del Signore, perché ha una missione particolare nei confronti dei suoi fratelli di fede (v. 32b). Gesù si premura anche di preavvisarlo: a lui, come agli altri discepoli, la terribile passione di Gesù costerà una dura lotta contro satana e i tanti agguati che, sotto diverse forme, tende ai discepoli che saranno accanto a Gesù nelle varie fasi della sua passione (vv. 35-36) a motivo della terribile prova cui Egli verrà sottoposto (v. 37); in queste ultime parole è apertamente riferito il testo di Isaia sul “Servo sofferente” (Is 53,12), con il quale Gesù viene chiaramente identificato.
22,33-34: Signore, con te sono pronto ad andare in prigione e alla morte … Pietro, io ti dico: non canterà oggi il gallo prima che tu per tre volte avrai negato di conoscermi: Pietro è un uomo dal carattere generoso, anche un po’ frettoloso, come dimostra la sua dichiarazione, che sembra costringere Gesù a dichiarare la previsione del suo rinnegamento.
Come nei versi. 24-27 i capi della comunità cristiana venivano messi di fronte alla propria responsabilità di “servi” della fede dei fratelli loro affidati, ora viene ad essi richiamato il dovere della prudenza e della vigilanza su se stessi, sulla propria debolezza.
22,39-46: il racconto dell’agonia morale-spirituale nel Getsemani segue molto da vicino quello di Marco (14,32-42), eccetto che per alcuni particolari, specialmente il riferimento alla teofania consolatoria mediante la presenza dell’angelo (v. 43).
Gesù intensifica la propria preghiera, mentre si avvicina il momento più difficile e insidioso della propria vita.
Il Getsemani, come Luca segnala, era il luogo “solito” (v. 37) dei pernottamenti di Gesù a Gerusalemme (21,37).
22,47-53: con l’arresto, inizia la vera e propria passione di Gesù. Questo racconto di passaggio presenta gli avvenimenti seguenti come “l’ora delle tenebre” (v. 53) e mostra Gesù come colui che vince e vincerà sulla violenza mediante la pazienza e la capacità di amare anche i propri persecutori (v. 51); spiccano, perciò, le parole tristi ma amorevoli che egli rivolge a Giuda: "Giuda, con un bacio tradisci il Figlio dell'uomo?” (v. 48).
22,54-71: Il processo giudaico non subisce evoluzioni nel corso della notte. Di Gesù prigioniero non viene riferito alcunché, fino al mattino. Quest’assenza di notizie circa quanto avviene a Gesù subito dopo l’arresto e fino all’inizio del processo è tipico di Luca.
22,60-62: Pietro disse: "O uomo, non so quello che dici"… Allora il Signore, voltatosi, guardò Pietro, e Pietro si ricordò delle parole che il Signore gli aveva detto… E, uscito, pianse amaramente: l’incrocio dei due sguardi, avvenuto chissà come nell’agitazione di quella notte interminabile, segna la presa di coscienza di Pietro: nonostante le sue spavalde dichiarazioni di fedeltà, si è realizzato quanto Gesù gli aveva detto poco prima. In quello sguardo, Pietro sperimenta in prima persona la misericordia del Signore di cui aveva sentito parlare Gesù: non nasconde la realtà del peccato, ma la guarisce riportando l’uomo alla piena coscienza della propria realtà e dell’amore personale di Dio per lui.
22,70-71: Tu dunque sei il Figlio di Dio?… Lo dite voi stessi: io lo sono… Che bisogno abbiamo ancora di testimonianza? L'abbiamo udito noi stessi dalla sua bocca: il processo giudaico inizia ufficialmente con le prime luci del giorno (v. 66) ed è centrato sulla ricerca delle prove (quelle vere, in Luca, ma cfr Mc 14,55-59) in base alle quali condannare a morte Gesù. Secondo Luca, quindi, i capi giudei non sono ricorsi a false testimonianze, ma - pur nella loro feroce avversione verso Gesù - si sono comportati con una certa correttezza giuridica verso di lui.
Gesù, rispondendo positivamente alla domanda “Sei il figlio di Dio”, si mostra pienamente cosciente della propria dignità divina. In forza di essa, la sua sofferenza, la sua morte e la sua resurrezione sono testimonianza eloquente del Padre e della sua volontà benefica verso l’umanità. In questo modo, però, egli “firma” la propria condanna a morte: è un bestemmiatore che profana il Nome e la realtà di Jhwh, perché se ne dichiara esplicitamente “figlio”.
23,3-5: Sei tu il re dei Giudei?… Tu lo dici… Costui solleva il popolo, insegnando: siamo al passaggio dal processo giudaico a quello romano: i capi ebrei consegnano il condannato al governatore perché esegua la loro condanna e, per offrirgli una motivazione a lui accettabile, “addomesticano” i moventi della loro condanna, mostrandoli sotto un aspetto politico. Gesù, perciò, viene presentato come sobillatore del popolo e usurpatore del titolo regale d’Israele (che ormai era divenuto quasi soltanto un ricordo o un’onorificenza).
Lo strumento mediante il quale Gesù avrebbe perpetrato il suo reato, guarda caso, è la sua predicazione: quella parola di pace e di misericordia che aveva sparso a piene mani viene ora usata contro di lui!
Gesù conferma l’accusa, ma certamente la sua regalità non è certo quella che veniva accusato di cercare, bensì uno dei riflessi della sua natura divina. Questo, però, né Pilato né gli altri sono in grado di capirlo.
23,6-12: Lo mandò da Erode: Pilato, avendo forse intuito che si cercava di coinvolgerlo in un “gioco sporco”, tenta probabilmente di disfarsi del prigioniero, adducendo il rispetto della giurisdizione: Gesù appartiene a un distretto che non ricade, in quel momento storico, sotto la diretta responsabilità dei Romani, ma dipende da Erode Antipa.
Questi è presentato dai vangeli come un personaggio decisamente ambiguo: ammira ed è avverso a Giovanni battista, a causa dei rimproveri del profeta contro la sua situazione matrimoniale irregolare e quasi incestuosa, infine lo arresta e poi lo fa uccidere per non fare una cattiva figura con i suoi ospiti (3,19-20; Mc 6,17-29). Poi cerca di conoscere Gesù per pura curiosità, avendone conosciuta la fama di operatore di miracoli, imbastisce un processo contro di lui (v. 10), lo interroga di persona, ma poi - dinanzi al suo ostinato silenzio (v. 9) - lo abbandona agli scherni dei soldati, com’era avvenuto al termine del processo religioso (22,63-65) e come avverrà quando Gesù verrà crocifisso (vv. 35-38). Finisce col rimandarlo a Pilato.
Luca conclude questo episodio con una interessante annotazione: il gesto di Pilato inaugura una nuova amicizia fra lui ed Erode. Sulla limpidezza delle motivazioni di tale amicizia le circostanze parlano chiaramente.
23,13-25: Mi avete portato quest'uomo come sobillatore del popolo; …non ho trovato in lui nessuna colpa di quelle di cui lo accusate: come aveva anticipato nel primo incontro con Gesù (v. 4) e come ripeterà in seguito (v. 22), Pilato dichiara di ritenerlo innocente. Cerca di convincere i capi e il popolo a lasciare andare Gesù, ma essi hanno ormai deciso la sua morte (vv. 18.21.23) e insistono che sia condannato a morte.
In cosa è consistito l’interrogatorio effettuato dal governatore? Ben poco, a giudicare dalle poche frasi riportate da Luca (v. 3). Eppure, Gesù ha risposto positivamente a Pilato, dichiarandosi “re dei Giudei”! A questo punto, è evidente che Pilato non lo considera un uomo pericoloso a livello politico, né per l’ordine pubblico, forse anche perché il tono della dichiarazione di Gesù non lasciava dubbi in questo senso.
È abbastanza evidente l’intento dell’evangelista, che cerca di attenuare le responsabilità del governatore romano. Questi, tuttavia, è conosciuto dalle fonti storiche come un «uomo per natura inflessibile e, in aggiunta alla sua arroganza, duro, capace solo di concussioni, di violenze, rapine, brutalità, torture, esecuzioni senza processo e crudeltà spaventose e illimitate» (Filone di Alessandria) e «che egli amava provocare la nazione a lui affidata, ricorrendo ora a sgarbi, ora a dure repressioni» (Giuseppe Flavio).
23,16.22: Dopo averlo severamente castigato, lo rilascerò…: il fatto di essere ritenuto innocente, comunque, non avrebbe risparmiato a Gesù un duro “castigo”, inflitto solo per non lasciare troppo deluse le attese dei capi giudei.
23,16.18.25: A morte costui! Dacci libero Barabba! Rilasciò colui che era stato messo in carcere per sommossa e omicidio e che essi richiedevano, e abbandonò Gesù alla loro volontà: alla fine, Pilato cede totalmente alle insistenze dei capi e del popolo, pur se non pronuncia alcuna condanna formale nei confronti di Gesù.
Barabba, vero delinquente e agitatore politico, diventa così il primo uomo salvato (almeno in quel momento) dal sacrificio di Gesù.
23,26-27: Presero un certo Simone di Cirene che veniva dalla campagna e gli misero addosso la croce da portare dietro a Gesù. Lo seguiva una gran folla di popolo e di donne che si battevano il petto e facevano lamenti su di lui: Simone e le donne, più che testimoni privilegiati della passione, sono, in Luca, dei modelli di discepolato persone che mostrano fattivamente al lettore come seguire il Signore. Grazie a loro e alla folla, inoltre, Egli non è solo mentre si avvicina alla morte, ma è attorniato da uomini e donne che gli sono profondamente ed emotivamente vicini, pur se hanno bisogno di convertirsi, cosa alla quale egli non manca di richiamarli, nonostante la sua terribile situazione (vv. 28-31).
Simone di Cirene viene “preso”, ma Luca non lo mostra riluttante nell’aiutare il Signore (cfr Mc 15,20-21).
La “gran folla” è, anch’essa, vivamente partecipe di quanto avviene a Gesù. Ciò crea un contrasto stridente con la folla che, poco prima, ne ha preteso la condanna a morte da Pilato.
23,34: Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno: Luca evidenzia la preoccupazione principale del Signore crocifisso che, pur nell’atroce dolore fisico causato dalle operazioni di crocifissione, prega per loro il Padre: non gli interessa la propria condizione né le cause storiche che l’hanno prodotta, ma solo la salvezza di tutti gli uomini. Come Lui, farà il martire Stefano (At 7,60), a dimostrare il carattere paradigmatico della vita e della morte di Gesù per l’esistenza di ogni Cristiano.
Per sottolineare questo deciso orientamento di Gesù, Luca omette il grido dal tono angosciato che riferiscono gli altri sinottici: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”
23,33.39-43: Crocifissero lui e i due malfattori… Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno… In verità ti dico, oggi sarai con me nel paradiso: l’episodio del dialogo con uno dei suoi compagni di condanna è emblematico del modo in cui Luca comprende la morte di Gesù: un atto di autodonazione compiuto per amore e nell’amore per portare a salvezza il maggior numero di uomini, di qualunque condizione e in qualunque situazione si trovino.
”Oggi” (v. 43): il ladrone aveva parlato al futuro, ma Gesù gli risponde utilizzando il verbo al presente: la salvezza che Egli dona agisce subito, gli “ultimi tempi” iniziano con questo evento salvifico.
”Sarai con me” (v. 43): espressione che indica la piena comunione che vige fra Dio e coloro che egli accoglie presso di sé nell’eternità (cfr 1Tess 4,17). Secondo alcuni scritti apocrifi tardo-giudaici, il Messia doveva proprio “aprire le porte del Paradiso”.
23,44-46: Era verso mezzogiorno… Gridando a gran voce, disse: Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito. Detto questo spirò: le ultime parole di Gesù, per la loro indole, sembrano in contrasto con la notizia dell’alto grido, che le precede.
Giunto agli estremi della sua vita umana, Gesù compie u supremo atto di fiducia nel Padre, per la cui volontà Egli è arrivato a tanto. In queste parole si può intravedere un accenno alla resurrezione: il Padre gli riconsegnerà questa vita che ora Gesù gli affida (cfr Sal 16,10; At 2,27; 13,35).
Luca racconta molto stringatamente gli ultimi momenti di Gesù: non gli interessa indulgere su particolari che offrirebbero solo soddisfazione a una certa macabra curiosità, la stessa che attirava e attira tanti spettatori alle esecuzioni capitali in tutte le piazze del mondo.
23,47-48: Visto ciò che era accaduto, il centurione glorificava Dio: "Veramente quest'uomo era giusto". Anche tutte le folle …, ripensando a quanto era accaduto, se ne tornavano percuotendosi il petto: l’efficacia salvifica del sacrificio di Gesù agisce quasi immediatamente, con la sola evidenza dei fatti avvenuti: pagani (come il centurione che ha comandato il plotone incaricato dell’esecuzione) e Giudei (la gente) iniziano a cambiare. Il centurione “glorifica Dio” e sembra essere a un passo dal diventare un credente cristiano. Le folle giudee, forse senza accorgersene, si allontanano compiendo gesti di pentimento come Gesù ha chiesto alle donne di Gerusalemme (v. 38).
23,49: Tutti i suoi conoscenti assistevano da lontano: a prudente distanza, conoscendo le disposizioni romane che proibivano eccessivi gesti di lutto per i condannati alla croce (pena il subire la stessa condanna), il gruppo dei discepoli assiste attonito a tutta la scena. Luca non riporta alcun accenno alle loro emozioni o atteggiamenti: forse, il dolore e la violenza li hanno storditi fino al punto da renderli incapaci di qualsiasi reazione visibile.
In modo simile, le donne del gruppo dei discepoli non partecipano in alcun modo all’operazione con cui Giuseppe di Arimatèa seppellisce Gesù: si limitano a osservarlo (v. 55).
23,53: Lo calò dalla croce, lo avvolse in un lenzuolo e lo depose in una tomba scavata nella roccia: Gesù ha davvero subito il supplizio. È davvero morto, come tanti altri uomini prima e dopo di lui, sulla croce, in un comune corpo di carne. Quest’evento senza il quale non vi sarebbe salvezza né vita eterna per alcun uomo è verificato dal fatto che è necessario seppellirlo, tant’è vero che Luca si dilunga in alcuni particolari riguardanti il veloce rito di sepoltura realizzato da Giuseppe (vv. 52-54).
23,56: Il giorno di sabato osservarono il riposo, secondo il comandamento: come il Creatore si riposa nel giorno settimo della creazione, consacrando così il sabato (Gn 2,2-3), ora il Signore fa il suo sabato nella tomba.
Nessuno dei suoi, ormai, sembra più capace di attendersi qualcosa: le parole di Gesù sulla resurrezione sono apparentemente dimenticate. Le donne si limitano a preparare gli oli per rendere più dignitosa la sepoltura del Maestro.
Il vangelo di questa “domenica di Passione” si conclude qui, omettendo il racconto della scoperta del sepolcro vuoto (24,1-12) e facendoci assaporare il gusto dolce e amaro del sacrificio dell’Agnello di Dio. veniamo lasciati in un’atmosfera dolente e sospesa e vi restiamo immersi, pur conoscendo l’esito finale del racconto evangelico. Questa terribile morte del giovane Rabbi di Nazaret non perde significato nella sua resurrezione, ma acquista un valore del tutto nuovo e inatteso, che non prescinde dalla sua dimensione di uccisione sacrificale liberamente accettata per uno scopo “eccessivamente” alto rispetto alle nostre capacità di umana comprensione: è mistero allo stato puro.
6. Isaia 50,4-10
“Il Signore mi è vicino”
Dio, il Signore mi ha insegnato le parole adatte per sostenere i deboli.
Ogni mattina mi prepara ad ascoltarlo, come discepolo diligente.
Dio, il Signore, mi insegna ad ascoltarlo,
e io non gli resisto né mi tiro indietro.
Ho offerto la schiena a chi mi batteva, la faccia a chi mi strappava la barba.
Non ho sottratto il mio volto agli sputi e agli insulti.
Ma essi non riusciranno a piegarmi, perché Dio, il Signore, mi viene in aiuto,
rendo il mio viso duro come la pietra. So che non resterò deluso.
Il Signore mi è vicino, egli mi difenderà.
Chi potrà accusarmi? Chi potrà trascinarmi in tribunale?
Chi vuole essere mio avversario? Si presenti!
Dio, il Signore, mi viene in aiuto, chi mi dichiarerà colpevole?
Tutti i miei avversari scompariranno.
Se qualcuno di voi riconosce l'autorità del Signore,
ascolti il suo servo!
Se qualcuno cammina nelle tenebre, al buio,
confidi nel Signore e si appoggi sul suo Dio!
7. Orazione finale
dalla liturgia eucaristica di questa domenica:
Dio onnipotente ed eterno, che hai dato come modello agli uomini il Cristo tuo Figlio, nostro Salvatore, fatto uomo e umiliato fino alla morte di croce, fa’ che abbiamo sempre presente il grande insegnamento della sua passione, per partecipare alla gloria della risurrezione. Per Cristo, nostro Signore.
Lectio Divina tratta dal sito ufficiale dell'Ordine dei Carmelitani: http://ocarm.org/it/lectio-divina
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