venerdì 4 aprile 2014

Le virtù umane: la Prudenza


Sovrano Militare Ordine di Malta - 1974
La Prudenza

La virtù della prudenza,
S. Giuseppe

Questa riflessione è incentrata sulla più importante delle virtù umane:
la virtù della prudenza, che presiede tutte le nostre azioni e contribuisce a che diventino santificabili e utili per noi e per gli altri
Essa serve per fare in modo che le nostre azioni siano corrette; questa qualità è valutata dalla nostra coscienza e quando il giudizio è positivo acquisiamo la serenità (che è lo scopo della nostra vita) indipendentemente dal fatto che ne traiamo o meno dei benefici personali.
Per evitare di fare un discorso astratto, faremo riferimento ad un personaggio che è da secoli considerato l’emblema dell’
uomo giusto e prudente: San Giuseppe.

ITALIA - 2013
San Giuseppe

Come premessa, occorre ricordare che vivere una “virtù” significa esercitare le capacità umane più qualificanti, quali l’intelligenza e la volontà che possiamo liberamente orientare a quello che consideriamo il bene per noi, per la nostra famiglia, per la società.

Sovrano Militare Ordine di Malta - 1974
Completano la serie dedicata alle virtù umane: La Giustizia, la Temperanza e la Fortezza


In altri termini, la persona “giusta” è colui che sa prendere le decisioni “giuste” cioè coerenti con il proprio “bene” e in modo aderente alla realtà e alle risorse disponibili.

ITALIA - 1977
"La Giustizia" opera di Andrea Delitio
Nel processo decisorio, ovviamente, è determinante il fine, cioè ciò che viene considerato il bene da perseguire. 
Questa scelta dipende dalla formazione umana e culturale di ogni persona. 

L’altro aspetto importante è stare con i piede per terra, cioè né sottovalutare né sopravalutare le condizioni oggettive materiali e morali in cui si opera.
In base a queste considerazioni, appare evidente che la prudenza è una virtù che dovrebbe essere praticata da chiunque, da qualsiasi persona che come essere intelligente e responsabile non può non definire quale sia l’obiettivo della propria esistenza. 

Questo non è detto che debba essere necessariamente la conquista della vita eterna, ma può riguardare altri fini umani – forse meno nobili – come il potere, la ricchezza, il piacere, al considerazione sociale,ecc.


SAN MARINO - 1976
"Prudenza" opera di Emilio Greco

La persona prudente, 
è in buona sostanza colui che sa tacere, 
sa parlare al momento opportuno, 
sa intervenire quando è necessario, 
sa sbrogliare delle situazioni complesse
con prontezza di spirito,
sa dosare il rimprovero 
e l’incoraggiamento nei riguardi dei figli, 
dei propri dipendenti, degli alunni, ecc.

Tale capacità non nasce spontaneamente ma si crea giorno per giorno in base all’esperienza che offre l’opportunità di saper leggere la realtà nei suoi aspetti fondamentali e non solo nelle manifestazioni formali,superficiali ed emotive. Occorre avere come disposizione interiore l’obiettività con cui affrontare i vari avvenimenti della vita.

ITALIA - 1957
"Prudenza sulla Strada della Vita"

E’ necessario imparare a decidere sapendo che l’agire umano è una realtà infinita che varia a seconda delle disposizioni individuali, del momento, del luogo. Perciò è difficilmente riproducibile e richiede un costante esercizio della ragione per individuare caso per caso,ciò che conduce all’obiettivo, la capacità di saper misurare ogni cosa e ogni situazione secondo il metro del bene morale. In altri termini è necessario un costante allenamento della ragione per realizzare l’obiettivo della prudenza.

Dato che la prudenza è una capacità che si acquista con l’impegno delle facoltà umane, viene proposta continuamente nei mezzi di formazione, affinché nessuno si creda ormai sufficientemente preparato, di sufficiente saggezza ed esperienza da trascurare quelle attenzioni che rendono il comportamento umano prudente e migliorabile, come elemento indispensabile per il proprio percorso di crescita.

Se vuoi approfondire leggi il libro (clicca):
"Amici di Dio" di San Josemaria Escrivà                             

Fundador Opus Dei
REPUBLICA DOMINICANA
San Josemaria


La prudenza non si esaurisce nella qualità del lavoro e delle prestazioni professionali e sociali.
Certamente aiuta a diventare un buon lavoratore, poiché esercita ad impossessarsi dei “segreti del mestiere”, delle motivazioni che rendono la prestazione più efficiente ed efficace, a capire di che cosa effettivamente le persone alle quali ci rapportiamo o il pubblico o l’azienda hanno bisogno. Ma il suo scopo si realizza completamente, quando e se, l’uomo utilizza la sua competenza tecnica per realizzare il suo perfezionamento come uomo, cioè artefice di amore per gli altri , oltre che come produttore di reddito per se e per la propria famiglia.

Ovviamente laa virtù della prudenza è necessaria anche quando vogliamo aiutare le altre persone sul piano umano o spirituale (es. apostolato, educazione e formazione) . Non si può prescindere da considerare le diverse situazioni nelle quali è richiesta una decisione e un comportamento alla luce delle specifiche esigenze delle persone che sono destinatarie e beneficiare della nostra attenzione. Questo perché la prudenza richiede uno sforzo continuo per evitare comportamenti standardizzati ed erroneamente ripetitivi anche con persone “conosciute” come la moglie, i figli, i parenti, i dipendenti, ecc. Le situazioni specifiche richiedono comportamenti adeguati anche quando ci si rivolge allo stesso livello di persone (es. i propri figli, i propri dipendenti, i propri amici).

E’ necessario non confondere la prudenza con due difetti che le può somigliare e che sono l’astuzia e la falsa prudenza.

Mentre la prudenza mira a trovare in ogni situazione ciò che è degno dell’uomo, l’astuzia mira al bene utile per se piuttosto che al bene onesto che è quello che tiene conto anche del bene degli altri. La falsa prudenza è invece la ricerca timorosa dell’autoconservazione, è l’egoistica apprensione per sè, è la volontà di scansare sempre il momento del pericolo anche quando le circostanze e il dovere lo richiedono. L’astuzia è l’esercizio della ragione al servizio dell’egoismo, invece che al servizio del vero bene per se e per gli altri, per utilizzare le risorse a disposizione per raggiungere fini personali o sociali distorti e non coincidenti con il bene sociale.

S.Tommaso, che oltre che teologo era un grande conoscitore dell’animo umano, definisce i tre momenti della prudenza : considerare, giudicare,eseguire.

Considerare significa guardare con chiarezza la realtà obiettiva delle cose, senza pregiudizi. Per essere prudenti non basta conoscere i principi della ragione e della morale, ma è necessario valutare le circostanze particolari nelle quali deve realizzarsi il bene morale e che può variare da caso a caso.

E’ certamente una forma di imprudenza gettarsi a capofitto nella decisione per dimostrare di essere determinato e operativo, senza aver fatto una ponderata riflessione e aver tratto una conoscenza sufficiente del caso concreto.

Per conoscere la realtà dobbiamo renderci conto che non siamo naturalmente in possesso di tutta la verità. Sarebbe una forma di superbia e di autosufficienza ritenere le proprie conoscenze tanto superiori da non accettare di metterle in discussione. E’ invece prudente chi, consapevole dei suoi limiti, cerca di valutare con obiettività i dati in suo possesso confrontandoli di volta in volta con quelli degli altri (S. Tommaso definisce questa fase “consulere”, cioè chiedere consiglio).

Giudicare significa valutare la situazione conosciuta alla luce dei propri principi e della propria coscienza. La vita richiede decisioni pratiche e presa di posizioni operative. E’ necessario che il giudizio sia in stretta attinenza con quello che si è considerato. La coerenza è una manifestazione di maturità della persona poiché è la dimostrazione dell’unità fra il momento del giudizio con quello della decisione anche quando questo non sia di gradimento.

La difformità fra il giudizio elaborato dalla propria coscienza e la decisione, può derivare da leggerezza (superficialità circa le conseguenze), da comodità (è più facile scegliere una strada diversa), dal peso delle cattive abitudini ( non abbandonare le scelte ormai consolidate anche se erronee), dalla paura di compromettersi (non rischiare), dall’amarezza di precedenti insuccessi.

Eseguire è il momento nel quale si sintetizza la virtù della prudenza e consiste nell’adozione di decisioni pronte ed opportune. Infatti, se è prudente rinviare una decisione in attesa che si raccolgano altri elementi di giudizio, è imprudente soprassedere ad una decisione specie quando è in gioco il bene degli altri.

Dà maggiore forza alla prudenza la considerazione che senza di essa non può sussistere nessun’altra virtù. Infatti la prudenza consiste nel preparare le azioni umane perché siano proporzionate ed aderenti al fine. Perciò le altre virtù cardinali (e quelle a loro collegate) perché possano perseguire la giustizia, la fortezza,la temperanza, richiedono che siano stati valutati ponderatamente i fatti e le conseguenze in modo da raggiungere i rispettivi fini morali.

Naturalmente affinché possa raggiungere il suo obiettivo, la prudenza presuppone le altre virtù. Infatti, ad esempio, bisogna amare la giustizia e volerla realizzare considerandola come un fine affinché un comportamento prudente consenta di raggiungerlo. La prudenza è come un cocchiere che però ha bisogno di cavalli bene addestrati. Nello stesso tempo, però, i cavalli bene addestrati hanno bisogno di essere guidati per raggiungere la meta.

Se quello che abbiamo detto finora vale per qualsiasi uomo, una dimensione particolare deve assumere la virtù della prudenza per un cristiano. Nel percorso del comportamento prudente, il cristiano deve valutare fra le risorse di cui dispone come uomo ( intelligenza, volontà, libertà e le altre capacità personali), la fede nella volontà di Dio. Ciò significa che le valutazioni e le decisioni devono tener conto di un altro elemento che entra in gioco in modo determinante quando la finalità dell’azione umana è l’amore per Dio e per il prossimo. Credere nella presenza e nell’intervento continuo e sempre favorevole e misericordioso di Nostro Signore è la marcia in più di cui il cristiano può disporre se fa della fede una ragione concreta di vita e non soltanto un fatto di appartenenza e di adesione formale.

La fede è un dono gratuito che tutti i cristiani ricevono in uguale misura ma che richiede il costante e convinto impegno - mediante la formazione, la preghiera, i sacramenti – perché possa crescere e possa diventare operativa, perché sia adeguatamente forte nei momenti di difficoltà e ,comunque, perché possa essere apportatrice di serenità in ogni circostanza della vita anche quando sembra che tutto sia negativo o difficile.

La fede nella presenza e nella volontà di Dio rende prudenti le azioni che con una visione esclusivamente umana sembrano imprudenti, quasi una pazzia.

La vita dei santi è una continua dimostrazione di questa affermazione. La presenza di questo elemento determinante nelle loro decisioni configura in modo lampante la loro santità.

Per restare ad alcuni santi a noi più vicini, dovremmo considerare umanamente imprudente : 

ITALIA - 2002
San Josemaria, che a solo 26 anni si gettò senza alcun aiuto materiale nell'impresa di creare l’Opus Dei di cui non conosceva neanche tutti gli aspetti, che gli furono svelati in seguito, rinunciando ad una brillante, più tranquilla e tradizionale carriera sacerdotale.
oppure, quando insistette nella determinazione di non accettare per l’Opus Dei una forma giuridica nell’ordinamento ecclesiastico non adeguato a quello che il Signore gli aveva fatto vedere, mentre la maggior parte della struttura della Chiesa era di diverso avviso. Eppure sapeva che in questo modo avrebbe potuto compromettere l’avvenire umano e soprannaturale di quei giovani che avevano deciso di seguirlo.
oppure, Don Alvaro del Portillo quando su sollecitazione di San Josemaria assunse la responsabilità di provvedere alla costruzione dell’attuale sede generale dell’Opus Dei avendo soltanto alcune monete d’oro, che vennero dato come caparra per l’acquisto dell’edificio che doveva essere profondamente ristrutturato per adempiere allo scopo, fidandosi unicamente sulla provvidenza. Questa decisione era coerente con la necessità di costruire a Roma la sede dell’Opus Dei, perché potesse assumere le caratteristiche della romanità e della centralità nella Chiesa. La sede poteva essere costruita in Spagna dove esistevano più conoscenze e possibilità pratiche. Però dopo qualche decennio, quasi a conferma di questa intuizione, l’Opus Dei verrà riconosciuta come Prelatura Personale della Chiesa Cattolica, quale componente della sua struttura organica.
gli esempi potrebbero essere moltiplicati, per tutte le opere strutturali e umane che non solo l’Opus Dei ma anche le altre organizzazioni della Chiesa hanno realizzato nei secoli.

In tutti questi casi ,per i vari santi, l’elemento di riferimento è stato S.Giuseppe, definito nel Vangelo, “uomo giusto”, quindi l’emblema della prudenza.

Infatti, S.Giuseppe si è trovato caricato di un ruolo umanamente incomprensibile : padre di un figlio da lui non concepito ! e la cui accettazione era umanamente imprudente poiché non era basata su un fine da lui scelto , né era sostenuto da un dato di realtà, oggettivamente insussistente.

Eppure il comportamento di S. Giuseppe costituisce un esempio di prudenza per i cristiani di tutti i tempi. Quello che mancava (la scelta del fine e la consistenza della realtà) diventa spiritualmente sussistente per la fede : la fiducia incrollabile nella sua Sposa e nell’azione di Dio che lo poneva in una situazione umanamente inspiegabile, di incredibile elevatezza, che lui non aveva fatto nulla per procurare e che perciò non poteva essere che volontà di Dio.

“Quello che è generato in Lei è opera dello Spirito Santo” “Essa partorirà un figlio che salverà il suo popolo dai suoi peccati”. S. Giuseppe non sapeva cosa fosse lo Spirito Santo e si sarà sentito atterrito rispetto alla prospettiva di dover educare un figlio che doveva salvare Israele, il Messia atteso da secoli. Lui povero falegname !

Ma Giuseppe, formato dalle promesse del Vecchio Testamento sapeva che Dio poteva tutto e che se lo aveva messo in quella situazione non era un caso fortuito, ma c’era un progetto di cui lui era destinatario. Nonostante la discrepanza fra quello che il Signore gli chiedeva e le sue limitate capacità umane, non si è abbandonato ad una sorte di fatalismo ( Signore lo hai voluto, pensaci tu !), ma applica le sue capacità (intelligenza, volontà, determinazione) a portare avanti la sua missione come se l’avesse voluta lui, pur in mezzo a difficoltà, pericoli e contrarietà ( la minaccia di Erode, la fuga in Egitto, il timore di Archelao, il trasferimento da Betlemme a Nazareth, ecc.) prendendo decisioni umane in piena responsabilità, Non sappiamo se e in quale misura si sia consultato con la sua Sposa. Probabilmente si, ma il Vangelo non ce ne parla. Ma lo fa con la piena consapevolezza che era suo compito specifico provvedere.

Giuseppe ci viene presentato non soltanto con riferimento alle sue vicissitudini e alle situazioni di pericolo che ha dovuto affrontare , ma anche nella sua dimensione di uomo normale e di lavoratore che provvede alle necessità della sua famiglia, che è preoccupato dell’educazione umana e professionale del figlio, che deve sopportare i “capricci” del figlio (smarrimento a Gerusalemme quando aveva 12 anni), e le prospettive dolorose enunciate dal vecchio Simeone. Tutto questo in una situazione di sostanziale serenità !

Nel Vangelo le cose ci vengono presentate nella loro genuinità, senza ipocrisie e infingimenti perché altrimenti piuttosto che un programma di vita sarebbe una favola. Perciò dobbiamo credere che S. Giuseppe era un uomo come noi, con la nostra stessa sensibilità, con la nostra debolezza, con la naturale apprensione per le cose che dovevano accadere. Ma aveva una fede profonda ! La fede dei padri trasmessa dai profeti e nella quale fondava le sue decisioni e le sue azioni, certamente più impegnative delle nostre poiché riguardavano il figlio di Dio.

Quella stessa fede che ciascuno di noi può ottenere con una intensa vita sacramentale, di preghiera, di formazione interiore. Una fede che integra le risorse umane a disposizione e che fa diventare prudenti anche quegli atteggiamenti che non lo sarebbero se fossero basati soltanto su certezze umane. Una fede,perciò, che potenzia le nostre capacità umane nella loro applicazione alle vicende ordinarie della nostra vita, rendendoci più forti ed efficaci nel perseguimento dei nostri obiettivi umani.

In altri termini, la virtù della prudenza alimentata dalla fede nella presenza provvidenziale di Dio, comporta una modifica sostanziale nel processo di discernimento prudenziale di cui abbiamo precedentemente parlato, poiché deve considerare un altro addendo che si aggiunge alle capacità umane; si tratta di un addendo potente perché racchiude la potenza di Dio messa nostra disposizione e che non può non essere per il nostro bene anche quando non sembra tale ad una visione umana.

Di questo dobbiamo tener conto quando ci troviamo di fronte a decisioni impegnative, quali, ad esempio, scegliere la moglie (o il marito);decidere di avere un altro figlio;cambiare lavoro; scegliere il percorso formativo per i figli; accettare il richiamo ad una vocazione religiosa per se o per i figli; impegnarsi in imprese di valore sociale a beneficio di chi ha bisogno; investire per l’avvenire proprio o dei propri figli; ecc.

Queste considerazioni ci portano anche a pensare – per differenza - a cosa perdiamo come cristiani quando limitiamo le nostre valutazioni soltanto sulla nostra ragione, trascurando o evitando di utilizzare l’aiuto che il Signore ci offre gratuitamente purché glielo chiediamo e ci mettiamo nelle condizioni di poterlo ricevere. 

(Testo elaborato da Filippo Catapano - Associazione Margrande di Taranto)


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